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Big data. Da territorio a luogo. La nuova percezione dello spazio urbano

Alessandro Polli  |  Ottobre 5, 2017

L’informazione statistica è un elemento imprescindibile per la pianificazione urbana. Tuttavia, ad oggi, i dati statistici utili a decodificare il territorio risentono di una serie di limitazioni. Scarsa granularità e mancanza di tempestività, solo per citare le più immediatamente evidenti.

Un esempio valga per tutti: in Italia, se l’autorità locale non dispone di risorse finanziarie – si pensi a un comune di medie dimensioni − per progettare rilevazioni ad hoc, le uniche informazioni sugli spostamenti giornalieri della popolazione di cui lo urban planner dispone provengono dai censimenti generali, che si svolgono a cadenza decennale. E dieci anni, specialmente nell’attuale fase di transizione, equivalgono a secoli.

La pianificazione urbana, inoltre, è una disciplina intrinsecamente problematica, per la diversità di approcci al problema, influenzata com’è dalla prospettiva di analisi – che va dalla sociologia all’antropologia, dall’architettura all’ingegneria – e quindi dalle diverse modalità di lettura e indagine del territorio, da legislazioni che cambiano nel tempo e da un contesto culturale in continua evoluzione.

Inoltre, negli ultimi 30 anni l’hinterland delle grandi città ha subito radicali mutamenti strutturali. Nella precedente fase di sub-urbanizzazione la pressione demografica determinò l’espansione dei centri urbani in forma di nuove aree polifunzionali, dislocate attorno ad un nucleo (la cosiddetta città compatta) e caratterizzate da densità insediative relativamente elevate. L’attuale fase di espansione, avvenuta in assenza di rilevanti pressioni demografiche, provoca la ‘diluizione’ dello spazio urbano sotto forma di aree monofunzionali, disseminate casualmente sul territorio, il cosiddetto sprawl.

E con il formarsi dello sprawl, nasce il problema del «nonluogo», neologismo introdotto dall’antropologo Marc Augé nel 1992, a designare due concetti complementari ma distinti: da una parte quegli spazi costruiti per un fine ben specifico (aree monofunzionali nel senso chiarito prima, solitamente adibite a trasporto, transito, commercio, tempo libero e svago) e dall’altra il rapporto che viene a crearsi fra gli individui e quegli stessi spazi.

Nasce quindi, proprio per le particolari problematiche che si determinano con la nascita dello sprawl, l’esigenza di passare da un’informazione sul territorio ad un’informazione sui luoghi. Informazione che non può che essere quantitativa e quindi statistica.

Quali sono i nuovi indirizzi dell’informazione statistica ufficiale? In realtà, la disponibilità di crescenti moli di dati con frequenze di aggiornamento inimmaginabili fino a poco tempo fa ha generato un diffuso ottimismo tra gli addetti ai lavori.

«Oggi un evento può essere misurato rispetto a ciò che c’è intorno all’evento stesso, legando fonti diverse una dall’altra», spiega Stefano De Francisci della Direzione centrale per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione dell’Istat. E prosegue: «non si guarda a ciò che avviene solo in un determinato spazio, con una precisa localizzazione, ma il concetto di luogo diventa elemento coagulante di vari livelli informativi ed è questo che ci permette di governare i fenomeni».

La nuova direzione di ricerca – che mira a rilevare i fenomeni di interesse a livello di luogo, più che di territorio – è resa possibile dalla disponibilità di new data (social network, web scraping) che vanno ad integrare l’informazione proveniente dalle fonti tradizionali (survey statistiche, dati amministrativi), dagli archivi transazionali (carte di credito, scanner data dei prezzi), dagli operatori di telefonia mobile (call detail record) e da tutti i soggetti che si avvalgono di sensoristica e smart meter (le utility di distribuzione di energia elettrica, ad esempio).

Lo scopo ultimo è quello di cogliere la complessità dei fenomeni umani, come nuova sfida nell’analisi del contesto territoriale, che a questo punto può puntare ad una meta ambiziosa: spostare l’interesse da uno spazio e un territorio astratti ad un luogo ben definito, identificando nel suo perimetro le relazioni tra gli elementi e gli eventi che interagiscono tra loro, per indagare il legame tra dinamiche e struttura della città.

De Francisci, che interverrà al convegno “Internet of Things: sperimentazioni di città intelligenti” in occasione di ICity Lab 2017, conclude: «L’Istat sta puntando a un registro statistico dei luoghi, interconnesso a quello degli individui e delle imprese, che comprenderà molti elementi utili a scoprire cosa accade intorno a un fenomeno in termini di localizzazione, strutture, reti, informazioni».

Fonte: Forum PA