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Intelligenza artificiale. Come cambierà il mondo del lavoro

Alessandro Polli – Agosto 31, 2017

Mettiamoci l’anima in pace, intelligenza artificiale (IA) e altre tecnologie emergenti distruggeranno ineluttabilmente milioni di posti di lavoro. Ma l’invecchiamento della popolazione, d’altro canto, ridurrà la popolazione attiva sia nei paesi sviluppati, sia in quelli in via di sviluppo, restringendo notevolmente la disponibilità di quel fondamentale fattore della produzione che è il lavoro.

La questione economica di fondo sollevata dall’invecchiamento è condensata in un semplice numero: il rapporto (o indice) di dipendenza, cioè il rapporto tra popolazione in età non lavorativa e popolazione in età lavorativa, il cui valore è calcolato e diffuso dalla World Bank, per la maggior parte dei Paesi del mondo tra il 1960 e il 2016.

Convenzionalmente, la popolazione in età lavorativa è quella compresa fra i 15 e i 64 anni, mentre la popolazione in età non lavorativa è quella al di sotto dei 15 anni o over-64. Con riferimento a quest’ultimo aggregato, gli under 15 sono in diminuzione, mentre la tendenza opposta si registra per quanto riguarda gli over-64.

Nel complesso, secondo un interessante articolo pubblicato da Edward Hadas sul sito del Centre for International Governance Innovation, il rapporto totale di dipendenza aumenterà moderatamente in tutto il mondo e il sistema produttivo potrà compensare la graduale contrazione dei lavoratori attraverso il miglioramento delle tecniche produttive nei paesi meno avanzati e sostanziali recuperi di efficienza in quelli avanzati. In quest’ultimo caso, un’eccessiva distruzione di posti di lavoro è più che un’eventualità. L’IA, in particolare, «potrebbe trasformare una grande quantità di ore lavorate per addetto oggi in minuti lavorati per macchina domani, distruggendo milioni di posti di lavoro nell’industria, nella distribuzione e nei servizi».

È pur vero, riconosce Hadas, che l’IA potrebbe anche determinare la creazione di nuovi posto di lavoro e nuove professionalità, processo ben noto e analizzato in letteratura. Inoltre, IA e altre tecnologie emergenti potrebbero sostituire l’uomo nei compiti facilmente automatizzabili e rendere disponibile più forza lavoro in occupazioni che le macchine non possono svolgere, come educare, intrattenere e fornire cure. L’incidenza del settore dei servizi alla persona, secondo il BLS (l’ufficio delle statistiche sul lavoro statunitense), è infatti aumentata dal 32 al 37% dell’occupazione totale negli Stati Uniti.

Ma la diffusione dell’IA potrebbe anche determinare altri interessanti sviluppi. Secondo Hadas, il conseguente incremento di produttività potrebbe tradursi in un taglio generalizzato dell’orario settimanale, consentendo ai lavoratori di dedicare più tempo all’ambito familiare. Questo potrebbe essere un fenomeno non troppo evidente negli Stati Uniti, dove il welfare non è molto sviluppato, mentre nei Paesi europei potrebbe manifestarsi con maggiore evidenza, anche se, osserva Hadas, la struttura economica in essi prevalente determina elevati tassi di disoccupazione, vanificando questo aspetto intrinsecamente positivo.

In sintesi, gli effetti – positivi e negativi – della diffusione dell’intelligenza artificiale e di altre tecnologie emergenti dipendono da una serie di fattori, variabili da Paese a Paese, sui quali è prematuro formulare previsioni.

Fonte: CIGI




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